E’ un inetto, un incapace e se ne vergogna, deve nascondere queste inettitudini pena l’umiliazione.
A livello fisico, il corpo manca di tono, può essere lungo e sottile, ma fondamentalmente è un corpo che si accascia su sé.
La differenza somatica fra il fuggitivo ed il dipendente sta nel fatto che, seppur magri entrambi, il primo è comunque tonico e si presenta con una postura eretta (deve essere pronto a fuggire), mentre il secondo è cadente, debole (deve essere predisposto ad essere sorretto). Lo sguardo del primo sarà inconsistente e assente, quello dell’altro magnetico, ti tiene lì, non sfugge e non fa fuggire, ammalia con il suo profondo bisogno.
Ma a che livello il dipendente è bisognoso?
Può essere a vari livelli, dipende dall’ambito scelto. Potrà esserlo a livello concreto, economico, ad es. una persona che non sa cavarsela da solo, non ha una fonte di reddito né di sostentamento minimo, che non sa sbrigare le faccende di tutti i giorni.
Ad un livello più interno, può trattarsi di una persona capace e indipendente dal punto di vista economico, ma che pensa di non sapersi gestire, di non saper trovare una ragione di vita, un colore, un piacere.
A livello ultimo abbiamo una persona che se non si sente amato, pensa di non avere valore, di non essere degno di amore, di attenzione, di capacità, da solo non può farcela!
Naturalmente, come per le altre ferite, ci sono vari livelli di sofferenza e può verificarsi sovrapposizione con altre ferite.
Di fatto, di solito chi soffre per la ferita dell’abbandono soffre anche di quella del rifiuto e a causa di ciò, l’abbandono diventa ancora più intollerabile.
A livello più profondo, avremo a che fare con un individuo tendente ad impersonare il ruolo di vittima, di povero soggetto, passivo, succube del mondo cattivo e crudele.
Tende a drammatizzare la sofferenza, il senso di impotenza, il dolore e tutte le emozioni provate.
Con grande difficoltà si prende la responsabilità
di sé, dei propri agiti aggressivi e delle proprie capacità.
L’aggressività
del dipendente, di solito è di tipo passivo, attraverso appunto la lamentosità, la richiesta continua, la proiezione sull’altro di responsabilità, di decisioni, di aggressività, di angoscia, ecc.
La sua più grande angoscia riguarda la solitudine.
Pensa di non potercela fare da solo, di non poter tollerare l’angoscia, il senso di vacuità, di inutilità, di indecisione, il senso di impotenza, di inconsistenza, di non amore, di rifiuto.
La solitudine, suona per lui, come rifiuto e abbandono appunto.
Non riesce a concepire l’idea di una solitudine-vuoto, spazio necessario per far emergere i propri contenuti interni.