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La ferita dell'UMILIAZIONE

Roberta Longoni • 15 gennaio 2020



La terza ferita: l'UMILIAZIONE
L’umiliazione è una delle esperienze umane più strutturanti rigidamente la personalità.
Sicuramente le ferite più antiche sono il Rifiuto e l’Abbandono, che minano alla base il diritto ad esistere dell’individuo stesso e che determinano la maschera del Fuggitivo e del Dipendente.
L’umiliazione evolutivamente direi successiva al rifiuto e all’abbandono, in questo caso non viene negato il diritto ad esistere e a stare vicino, bensì il diritto ad essere in un certo modo.

Il/la bambino/a viene umiliato/a perché così com’è non va bene!
L’umiliazione può avvenire sia da parte della madre che del padre. 
Generalmente l’intervento della madre è primigenio, nel senso che regolando le funzioni fondamentali quali il cibo, le regolarità corporee, l’igiene, la gestione dello spazio e del tempo, con lei si crea il primo spazio per il riconoscimento o per la svalutazione.

Il bambino/a umiliato/a verrà ridicolizzato per quei comportamenti ritenuti non adeguati o apprezzati (se fa la pipì a letto, se rovescia del cibo sui vestiti, se non cammina correttamente, se corre goffamente, se si tocca le parti intime, se si masturba, ecc.), ma spesso sarà anche sminuito nelle acquisizioni e nelle competenze: i progressi non sono visti né valorizzati. 
La madre ha un preciso modello mentale di ciò che corrisponde al bambino perfetto e se il figlio (anzi sicuramente) non rientrerà in quei canoni, allora lo farà sentire inadeguato, sporco, incapace, ecc.

Il padre a sua volta può rimarcare queste modalità della moglie, ma più spesso, il suo ruolo nel produrre umiliazione, se è presente, si struttura più sul pensiero, sulla parola, sulle capacità cognitive. Il figlio/a quindi verrà trattato come non intelligente, non capace, non sveglio, non attivo, non creativo, ecc.
Capiamo bene come l’umiliazione sia uno strumento potente in mano dei genitori, che diventano fondamentali per l’autostima del figlio. 

Tutti i figli costruiscono il senso di sé e della propria stima sulla base dei rimandi dei genitori e se questi sono positivi, gradualmente si acquisterà sicurezza e indipendenza. 
Il bambino umiliato e svalutato invece sentendosi incapace, non acquisirà una stabile visione di sé, avrà sempre bisogno del loro giudizio per procedere nelle proprie scelte.
Si innesca un circolo vizioso, più il bambino e poi il ragazzo chiede conferma ed è insicuro, più i genitori avranno una visione svalutata di lui e lo tratteranno da incapace.
Il bambino o bambina per proteggersi rispetto a questo vissuto estremamente doloroso, strutturerà la maschera del Masochista
La cosa più triste di questa struttura è che il rinuncia a sé stesso, pur di avere l’approvazione dei genitori, di solito la madre.
Il prezzo è la perdita di sé e la coltura costante di rancore. 
Il masochista è pieno di rabbia e rancore non riconosciuto, questo rancore col tempo diventa una forma di rigidità, di resistenza al cambiamento. 

L’individuo pensa di proteggere la propria individualità non dandola vinta, all’esterno si adegua a ciò che gli altri vogliono, ma internamente si promette di non cedere. 
Ma è una vincita inconsistente, in verità sta solo ingaggiando una lotta con l’altro, impedendosi di scegliere liberamente per ciò che è nella sua natura. Non impiega quindi energia a cambiare il suo sentire di umiliazione e a strutturare un’esperienza che gli confermi le proprie capacità e la possibilità di essere “vincente” nelle proprie scelte, come chiunque altro.

L’individuo umiliato profondamente, si farà carico dei pesi altrui, pur di sentirsi adeguato. Si comporterà da “bravo bambino”, sarà servizievole, accomodante, cercherà di evitare i pesi agli altri, di facilitare loro la strada, sta cercando di compiacere “la madre” o chi per lei (tutte le figure successive che assumeranno questo valore, insegnanti, istruttori, datori di lavoro, ecc.).
Ricordiamo che generalmente i genitori che tendono ad umiliare, a loro volta si sentono o sono stati umiliati. 
Molto spesso le ferite si tramandano di generazione in generazione.
Quindi ricordiamoci anche che gli stessi cambiamenti si tramandano da generazione a generazione. Riuscire a modificare qualcosa della nostra vita, è un bel traguardo anche per le generazioni successive.
Ma soprattutto è importante tramandare il messaggio che si può cambiare!
 
Alla fine, molti dei messaggi che inviamo costantemente, tendono a sminuire, a forzare, a svalutare, per poter gestire meglio i bambini e gli adolescenti. E' importante chiederci perchè lo si fa, cosa si sente in quel momento, quale frustrazione e umiliazione ci appartiene e quale non deve appartenere a quell'individuo che ci sta davanti! Ricordiamoci anche degli effetti che tutto ciò, se utilizzato in modo forte e continuo può avere sui nostri ragazzi, figli, fratelli, studenti, allievi, ecc.
 
Tenendo conto dell’esempio e della soluzione di adattarsi, tipica della maschera del masochista, la struttura del corpo quindi sarà quella di chi ha le spalle larghe, per sorreggere grandi carichi, sarà gonfio come se stesse sul punto di “scoppiare”, tanto ingloba, a discapito di gambe sottili e sproporzionate con la parte superiore, proprio a delineare la sua incapacità e impossibilità a farsi carico di tutti quei pesi.

L’individuo che incorpora la maschera del masochista ha un costante vissuto di inadeguatezza, di umiliazione, che cerca di nascondere, ma in verità guida e determina ogni azione o mancata azione.

Da una parte l’individuo si sente umiliato, ridicolo, incapace e teme sempre di svelare queste sue qualità, di ricevere atteggiamenti giudicanti ed umilianti, di conseguenza, sforzandosi in questa direzione e non in una direzione costruttiva, inevitabilmente combinerà qualche pasticcio, mettendosi sicuramente “in ridicolo”. 
Dall’altra è da ricordare che a causa del suo continuo sforzo a reprimersi, il masochista è molto frustrato e arrabbiato, nessuno lo ama per ciò che è e lui/lei deve fare tanta fatica!

Questa rabbia, in modo inconsapevole si esprime non solo mettendosi in situazioni imbarazzanti per sé, ma anche apportando un qualche danno agli altri. 
Questo gioco di vita è veramente pericoloso, perché l’individuo sarà sempre incastrato in questo legame distruttivo. Se non riesce ad uscire da questa dinamica, se non smette di essere dipendente dall’approvazione altrui, stimando sé stesso per ciò che è, vivrà sempre nel tentativo di adeguarsi ma anche di farla pagare agli altri.
Così verranno perse la sua vera natura, le sue emozioni, i desideri, i progetti, la realizzazione delle sue indubbie qualità!
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